Cosa fare per una ripresa sana ed ecologica dal COVID-19

L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un’interessante Manifesto che riporta tante riflessioni e lezioni apprese dalla Pandemia di Covid 19.

In particolare, l’OMS si sofferma sulle modalità di ripresa delle persone e delle comunità, partendo dal benessere fisico e dell’ambiente in cui viviamo in quanto possono giocare un ruolo fondamentale per la protezione e mitigazione di shock come quelli ad esempio creati dal diffondersi del Coronavirus.

Tutti i punti segnalati per la ripartenza ecologica sono importanti.

Lavorare sui sistemi alimentari rendendoli sostenibili e strumento per promuovere un’ alimentazione sana e quindi diminuire malattie legate a malnutrizione o cattivi stili alimentari, rendendo le persone meno vulnerabili e deboli di fronte a malattie come il Covid 19, è strategico e necessario per la resilienza delle comunità.

Tante città in questi mesi, si sono confrontate con l’emergenza sanitaria ma in particolare con quella alimentare creata dal lockdown e dalla pandemia e di fronte a queste sfide l’opportunità di lavorare in un contesto strutturato e organizzato attraverso una Food Policy ha certamente facilitato e reso efficaci tante azioni.

Il Comune di Milano, in particolare, attraverso le relazioni, l’esperienza e le azioni  avviate con la Food Policy, ha sviluppato il Dispositivo Aiuto Alimentare, cercando di garantire l’accesso al cibo anche a quello fresco, con l’obiettivo di dare spese e aiuti di buona qualità per le persone fragili in città.

Buona lettura

ph. Pietro Baroni
ph. Pietro Baroni

Cosa abbiamo imparato dalla pandemia di COVID-19

La pandemia di COVID-19 rappresenta il più grande shock globale degli ultimi decenni. Centinaia di migliaia di vite sono state strappate via e l’economia mondiale si prepara ad affrontare la peggiore recessione probabilmente di sempre. La conseguente perdita di occupazione e reddito provocherà ingenti danni alle condizioni di vita, alla salute e allo sviluppo sostenibile di tantissime persone.

Le società dovranno rispondere con prontezza per una svelta ripresa. Ma tornare al vecchio modo di fare appare quantomeno inopportuno. Un numero crescente di malattie infettive, tra cui HIV/AIDS, SARS ed Ebola, sono di origine zoonotica, cioè hanno avuto origine dal contatto tra fauna selvatica e uomo. E tutto fa pensare che sia quanto successo anche per il COVID-19. Una volta che la trasmissione tra uomini di COVID-19 ha avuto inizio, i sistemi nazionali e internazionali di sorveglianza e intervento si sono dimostrati impreparati a far fronte all’epidemia, consentendo così che la trasmissione dilagasse. Nel frattempo, la mancata copertura sanitaria universale ha lasciato miliardi di persone in ogni Paese senza adeguate cure mediche. I più colpiti sono state le persone appartenenti alle categorie maggiormente vulnerabili, o per via del reddito inferiore, o perché donne, oppure perché appartenenti a minoranze etniche.

Tutto ciò è frutto di un’economia che ha privilegiato il tornaconto economico all’ambiente, alla prevenzione dei rischi e ad adeguati sistemi sanitari e reti di sicurezza sociale.  E ora ne paghiamo tutti il salato conto. Il mondo non può permettersi ulteriori emergenze come quella di COVID-19 che stiamo tutti vivendo, di ogni tipo. Sia di origine sanitaria che ambientale. Ecco perché tornare alla “normalità” non può proprio funzionare.

L’emergenza ha fatto emergere alcune straordinarie realtà che non si credeva esistessero: la solidarietà tra vicini; il coraggio di medici, infermieri, operatori sanitari e ad altri lavoratori chiave impegnati in una vera lotta contro il tempo; la collaborazione tra Paesi per fornire soccorso alle nazioni più in difficoltà. Le misure di contenimento hanno rallentando l’attività economica, trasformando la vita per molti e permettendo in questo modo di arginare la diffusione del COVID-19. Allo stesso modo, hanno anche determinato conseguenze inaspettate che hanno aperto la strada ad un rinnovato ottimismo per un futuro differente. In alcuni luoghi, i livelli di inquinamento sono scesi a tal punto che le persone sono tornate finalmente a respirare aria pulita, a vedere il cielo terso o l’acqua limpida, o, ancora, hanno finalmente potuto vivere la città a piedi o in bicicletta in sicurezza. La tecnologia digitale ha permesso di sperimentare nuovi modi di lavorare e connettersi tra colleghi, di ridurre i tempi dedicati al tragitto casa-lavoro, di collaudare nuovi modi per fare istruzione, consultazioni mediche, o anche solo per trascorrere del tempo in famiglia o con amici. Diversi sondaggi dimostrano come un numero sempre più alto di persone abbia a cuore la tutela dell’ambiente, e voglia preservare tutto ciò che di positivo ha portato la crisi anche dopo che tutto questo non sarà che un ricordo.

Le istituzioni nazionali e sovranazionali si sono attivate con decisione, impegnando enormi quantità di denaro per sostenere e restituire impeto all’attività economica così duramente colpita. Questi investimenti sono essenziali per proteggere le condizioni di vita delle persone, così come la loro salute. Ma come questi investimenti verranno allocati, e le decisioni politiche che man mano verranno prese e che guideranno i Paesi nella ripresa, hanno il potenziale per modellare il modo in cui viviamo, lavoriamo e consumiamo. Queste attività infatti hanno un enorme impatto sull’ambiente e sul clima in particolare attraverso le emissioni di gas serra.

Le decisioni prese nei prossimi mesi potranno quindi “bloccare” i modelli di sviluppo economico, arrecando danni permanenti e crescenti ai sistemi ecologici che sostengono la nostra stessa vita sulla Terra oppure, se assunte con lungimiranza, possono promuovere un mondo più sano, giusto ed ecologico. 

Indicazioni per una ripresa sana ed ecologica

1) Proteggere e preservare la fonte della salute umana: la natura. 

Non ci può essere società sana senza che vi sia un equilibrio con l’ambiente, che ci fornisce aria, acqua e cibo. La sempre maggiore pressione umana, dalla deforestazione, alle pratiche agricole intensive e inquinanti, all’utilizzo e il consumo di fauna selvatica, sta mettendo a serio rischio questi servizi ecologici fondamentali. Oltre a ciò, aumenta il rischio di malattie infettive, il 60% delle quali sono di origine zoonotica, ossia sono trasmesse dagli animali all’uomo. I piani per la ripartenza post-COVID-19, e in particolare i piani per ridurre il rischio di future epidemie, dovranno andare ben più a monte della diagnosi e controllo delle epidemie, ma bensì servirà un’analisi delle cause primarie e azioni di prevenzione efficaci.

2) Investire nei servizi essenziali, dall’acqua e servizi igienico-sanitari, all’energia pulita nelle strutture sanitarie.

In tutto il mondo, miliardi di persone non hanno accesso ai servizi di base necessari per proteggere la propria salute, sia dal COVID-19 che da qualsiasi altro rischio sanitario. I sistemi di lavaggio delle mani sono essenziali per la prevenzione della trasmissione di malattie infettive, ma ad oggi mancano nel 40% delle case. I patogeni resistenti agli antimicrobici possono trasmettersi attraverso l’acqua e i rifiuti, è perciò necessario che queste risorse siano gestite nel migliore dei modi per ridurre le possibilità di contagio. In particolare, è essenziale che le strutture sanitarie siano dotate di acqua e servizi igienico-sanitari di base, sapone e acqua rappresentano lo strumento più semplice per ridurre la trasmissione di SARS-CoV-2 e altre infezioni. Inoltre bisogna garantire l’accesso a sufficiente energia per svolgere con sicurezza ogni procedura medica, e dispositivi di protezione per tutti gli operatori sanitari.

Complessivamente, i rischi ambientali e professionali evitabili causano circa un quarto di tutti i decessi nel mondo. Investire in sistemi sanitari robusti e resilienti, capaci di proteggere la salute delle persone e di resistere ai cambiamenti improvvisi, è una strategia necessaria per proteggerci tutti da possibili situazioni emergenziali in futuro, oltre ad offrire numerosi vantaggi “collaterali”. Ad esempio, basti pensare che ogni dollaro investito nel rafforzamento della Legge americana sull’aria pulita ha permesso un risparmio pari a 30 dollari per ogni cittadino statunitense, grazie ad una migliore qualità dell’aria e una migliore salute.

3) Favorire una corretta transizione energetica.

Attualmente, oltre sette milioni di persone all’anno muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico, 1 decesso su 8. Oltre il 90% delle persone respira aria con livelli di inquinamento superiori ai valori guida della qualità dell’aria dell’OMS. Due terzi di questo inquinamento deriva dalla combustione degli stessi combustibili fossili che sono causa del cambiamento climatico.

Allo stesso tempo, le fonti di energia rinnovabili continuano a scendere di prezzo, sono sempre più affidabili e permettono la creazione di un maggior numero di posti di lavoro, più sicuri e più remunerati. Ogni decisione che riguardi il settore energetico avrà conseguenze decisive per i decenni a venire. Tenendo in considerazioni quali conseguenze economiche, sociali e sulla salute pubblica hanno le diverse alternative, le fonti di energia rinnovabili sono senza dubbio da privilegiare rispetto a quelle fossili.

Molti dei paesi che sono stati i primi e i più colpiti dal COVID-19, come l’Italia e la Spagna, e quelli che hanno avuto più successo nel controllo della malattia, come la Corea del Sud e la Nuova Zelanda, hanno posto lo sviluppo verde insieme alla salute al centro delle loro strategie di recupero dalla pandemia. Una rapida transizione globale verso un’energia più pulita non solo consentirebbe di raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2 ° C come stabilito dall’Accordo di Parigi sul clima, ma migliorerebbe anche la qualità dell’aria a tal punto che i conseguenti benefici sanitari ripagherebbero il costo dell’investimento per ben due volte.

4) Promuovere sistemi alimentari sani e sostenibili.

Le malattie causate dalla mancanza di accesso al cibo o dal consumo di diete ipercaloriche e squilibrate sono ad oggi la causa principale di malattia. A queste sono associate alcune gravi patologie sempre più diffuse quali obesità e diabete, che sono tra i maggiori fattori di rischio per il contagio e decesso da COVID-19.

L’agricoltura e, in particolare, la deforestazione protratta per ottenere spazi per l’allevamento di bestiame e la produzione di mangimi, contribuiscono per circa ¼ delle emissioni globali di gas a effetto serra e il cambiamento nell’uso del suolo è il principale fattore ambientale per l’insorgenza di nuovi focolai. È perciò necessario una decisa transizione verso diete sane, salubri e sostenibili. Se tutti si allineassero alle linee guide alimentari dell’OMS, milioni di vite ogni anno verrebbero risparmiate così come un’enorme quantità di emissioni di gas serra.

5) Rendere le città un posto da vivere.

Oltre la metà della popolazione mondiale vive attualmente in città, le quali sono responsabili per oltre il 60% dell’attività economica e delle emissioni di gas serra. Poiché le città hanno una densità di popolazione relativamente elevata da sempre il traffico rappresenta un problema. La pandemia offre così l’occasione per trasformare la mobilità urbana, promuovendo l’uso di mezzi pubblici, come gli spostamenti a piedi e in bicicletta, piuttosto che quelli con auto privata. Ciò comporterebbe anche importanti benefici per la salute grazie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, degli incidenti stradali e degli oltre tre milioni di decessi annuali causati dall’inattività fisica.

Molte delle più grandi e dinamiche città del mondo, come Milano, Parigi e Londra, hanno reagito alla crisi del COVID-19 trasformando la mobilità urbana, rendendo pedonabili le strade ed aumentando il numero di piste ciclabili, rendendo le città un posto da vivere, e non più solo un posto dove vivere.

6) Eliminare i finanziamenti sul carburante.

Il danno economico derivante dal COVID-19 e le necessarie misure di contenimento porranno enormi grattacapi ai governi dei diversi Stati e alle loro finanze. Sono necessarie misure per il rilancio, che dirottino i finanziamenti ai combustibili fossili verso altri settori.

A livello globale, ogni anno circa 400 miliardi di dollari dei contribuenti vengono spesi per sovvenzionare in via diretta i combustibili fossili, principale causa dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento climatico. Inoltre, i costi ambientali, sociali e sulla salute pubblica causati da un tale inquinamento generalmente non vengono integrati nel prezzo dei combustibili e dell’energia. Includendoli, il valore reale del sussidio sale così a oltre 5 trilioni di dollari all’anno, più di quanto tutti i governi di tutto il mondo spendono per l’assistenza sanitaria, e circa 2.000 volte il budget dell’OMS.

Porre un prezzo sui carburanti inquinanti in linea con i danni che causano sull’ambiente, sulla società e sulla salute delle persone dimezzerebbe circa le morti per inquinamento atmosferico, ridurrebbe le emissioni di gas serra di oltre un quarto e aumenterebbe di circa il 4% il PIL globale. Dovremmo smettere di pagare questo prezzo: sia con le nostre tasche sia con i nostri polmoni.

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